Tre anni di processo, decine e decine di testimoni, oltre cento udienze. Domani, all’aula bunker del carcere Malaspina di Caltanissetta, verrà messa la parola fine, almeno in primo grado, nel processo che ha sconquassato l’antimafia siciliana. Il principale imputato è Silvana Saguto, l’ex Presidente della sezione Misure di prevenzione di Palermo, nel frattempo radiata dalla magistratura che, secondo l’accusa “era a capo di un sistema perverso e tentacolare” di gestione dei beni sequestrati. Un sistema che, per i pm sarebbe stato composto da magistrati, avvocati, prefetti, vertici delle forze dell’ordine. Sono 73 i capi di imputazione a suo carico. Alla fine della requisitoria fiume i pm Maurizio Bonaccorso e Claudia Pasciuti, alla presenza dell’allora Procuratore Amedeo Bertone, ora in pensione, avevano chiesto per l’ex giudice la pesante condanna a 15 anni e 10 mesi di carcere, oltre che l’interdizione per 5 anni dai pubblici uffici.
Per la Procura nissena, l’ex giudice “era la figura centrale di un vincolo associativo stabile” comprovato dalla “frequenza dei rapporti dei soggetti”. Accuse contestate dalla difesa del giudice, rappresentata dall’avvocato Ninni Reina. Il legale, durante l’arringa difensiva, ha invece respinto ogni accusa per Saguto parlando di un “processo anomalo, sia per quantità che per qualità”:.
Per i pm, invece, Silvana Saguto avrebbe “sfruttato e mortificato il suo ruolo di magistrato”. Ma “è sbagliato parlare di processo all’antimafia”. Saguto è accusata di corruzione con altri 14 imputati, tra magistrati, avvocati, persino un ex prefetto. L’accusa, descrivendo quanto emerso nelle intercettazioni, aveva parlato di “un quadro desolante” in cui “ci sono pubblici ufficiali e magistrati che hanno tradito la loro funzione per interessi privati”.
La Procura aveva chiesto, inoltre, la condanna a 9 anni e 10 mesi per Lorenzo Caramma, marito dell’ex magistrato Silvana Saguto. Per l’avvocato Gaetano Cappellano Seminara, ex re degli amministratori giudiziari, furono chiesti 12 anni e 3 mesi di reclusione; per l’ex docente della Kore di Enna Carmelo Provenzano chiesta la condanna a 11 anni e 10 mesi di reclusione; per Nicola Santangelo chiesti 10 anni e 11 mesi di reclusione. Per Walter Virga 2 anni di reclusione, per Emanuele Caramma sei mesi di reclusione; per Vittorio Saguto assoluzione perché il fatto non costituisce reato; per Roberto Di Maria chiesti 4 anni e 4 mesi di reclusione; per Maria Ingrao chiesta la condanna a 5 anni di reclusione; per Calogera Manta è stata chiesta la condanna a 4 anni e sei mesi di reclusione; per Rosolino Nasca, della Dia, chiesti 8 anni di reclusione; per l’ex Prefetto Francesca Cannizzo sono stati chiesti sei anni di reclusione; per Lorenzo Chiaramonte 2 anni e sei mesi di reclusione; per Aulo Gabriele Giganti “assoluzione per non aver commesso il fatto”.
Prima della conclusione della requisitoria nel processo sul “sistema Saguto” il Pm Maurizio Bonaccorso aveva anche chiesto la trasmissione degli atti per il reato di falsa testimonianza nei confronti di 14 testi che hanno deposto tra i quali l’ex prefetto Stefano Scammacca, i magistrati Giuseppe Barone e Daniela Galazzi, l’amministratore giudiziario Giuseppe Rizzo, gli avvocati Vera Sciarrino, Alessio Cordova e Dario Majuri. Gli altri testi per i quali il Pm ha chiesto la trasmissione degli atti sono i commercialisti Roberto Nicitra e Gianfranco Scimone, gli impiegati della Motor Oil Dario e Giuseppe Trapani, e tre collaboratori del professore universitario Giuseppe Provenzano, che è imputato: Laura Greca, Marta Alessandra e Alessandro Bonanno.
Un “cerchio magico” dove, accanto alla Saguto, secondo l’accusa, figuravano anche Carmelo Provenzano e Nicola Santangelo, rispettivamente docente e amministratore giudiziario. “Non so come finirà, magari Nicola Santangelo e Carmelo Provenzano verranno assolti, ma per questa vicenda dovranno vergognarsi a vita”, avevano detto i pm nel loro atto d’accusa.
“Questo processo è stato definito, con una espressione alquanto infelice, il ‘processo all’antimafia’. Niente di più sbagliato. Questo è un processo a carico di pubblici ufficiali, magistrati, amministratori giudiziari, avvocati, che hanno strumentalizzato il loro ruolo importante e hanno tradito la loro funzione per interessi privati”, aveva detto ancora il pm Bonaccorso. E aggiunse: “Hanno fatto un danno incalcolabile all’immagine dell’amministrazione della giustizia”. Ma nello stesso tempo, il magistrato teneva a precisare che gli imputati ‘eccellenti’ negli anni precedenti all’inchiesta “hanno fatto vera antimafia” e “non come” chi “si è attribuito un attestato di paladino della legalità…”.
“Il problema è quello di ipotizzare che avendo fatto antimafia hanno una sorta di ‘licenza di uccidere’, una ‘licenza di delinquere’ per quello che viene dopo. E il nostro processo riguarda proprio le condotte successive che si sono concretizzate in gravi reati perché non si può consentire di mortificare l’azione di un magistrato e svolgere un’attività predatoria”.
Non sono mancati i colpi di scena, durante il processo. Come quella volta in cui Silvana Saguto, rendendo dichiarazioni spontanee aveva agitato un’agenda blu contenente, a suo dire, le segnalazioni fattele dai magistrati . Ma il pm Bonaccorso tagliò corto e disse: “I magistrati non hanno motivo di essere terrorizzati dal contenuto dell’agenda di Silvana Saguto, che ha portato in aula”. Già nei mesi scorsi Saguto aveva portato in aula l’agenda elencando i nomi dei colleghi che le avrebbero segnato quei nomi per le amministrazioni giudiziarie. “Qualcuno ha insinuato in maniera vergognosa – diceva Bonaccorso – che dopo che la dottoressa Saguto ha agitato l’agendina, questo processo è cambiato. Si deve solo vergognare chi ha detto questo. Il processo non è cambiato e non può cambiare”. E aveva aggiunto: “Avrei preferito che l’agenda oggi venisse depositata al ricordo ma così non è stato. Sarebbe stato più elegante che agitarla…”.
Per l’accusa “L’ufficio della sezione di Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo” “è stato trasformato in un ufficio di collocamento”, sottolinea il magistrato. E “gli amministratori giudiziario hanno avuto un comportamento predatorio”. Parole durissime, quelle del pm. Ma in aula, durante una udienza, Silvana Saguto, rendendo dichiarazioni spontanee aveva detto: “Ho gestito le misure di prevenzione con il massimo della diligenza possibile. Gli errori sono sempre possibili”, aveva sottolineato. Saguto aveva anche criticato aspramente il modo in cui la Guardia di Finanza ha condotto l’inchiesta che ha portato al processo. “Mi sono sempre chiesta come mai hanno fatto il decreto di perquisizione solo un mese dopo la presunta dazione di denaro di Cappellano Seminara e l’hanno eseguita un altro mese dopo- diceva facendo riferimento all’accusa secondo cui avrebbe ricevuto 20 mila euro dall’amministratore giudiziario Cappellano Seminara-Si sono presentati a casa dei miei anziani genitori vestiti tutti di nero come se dovessero prendere Matteo Messina Denaro. Hanno buttato a terra persino il libretto delle preghiere di mia madre”. “
La difesa di Saguto respinge ogni accusa. Alla fine dell’arringa fiume Reina aveva chiesto l’assoluzione “perché il fatto non sussiste”. “Sono dieci pagine di contestazioni – spiegava il legale di Saguto all’inizio dell’arringa – Un processo anomalo, in qualità e quantità. Non è solo un problema di numeri, ma di materiale umano che dobbiamo scandagliare per spiegare il loro agire, le loro condotte. Ci troviamo di fronte a magistrati, avvocati, professori universitari, ingegneri”.
Il legale aveva anche citato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella “quando si rivolse ai giovani uditori – disse – invitandoli a una condotta sobria ma riservata nello stesso tempo. Li ammoniva sul rischio di superficialità”. E aveva parlato di “imprevedibilità delle decisioni perché frutto di estemporaneità il dubbio va stanato e scandagliato sempre senza arrendersi mai”. Poi, rivolgendosi al Tribunale, l’avvocato Reina spiegava: “Lo dico senza piaggeria, questo tribunale emetterà un giudizio incontaminato, libero, autonomo, indipendente. Ci metto la buona fede”. “Si possono non condividere delle idee – disse in quella occasione – possiamo avere idee divergenti nella ricostruzione di un fatto ma quello che anima, quello che c’è dietro, non è il pregiudizio, non è da questo tribunale il pregiudizio”. “Sappiamo che sarà un giudizio libero e io vi riconosco queste doti di garante della tutela dell’effettività, vi riconosco il rigore morale, la competenza, l’equilibrio. Avete pesato con certosina pazienza i piatti delle due bilance, alla fine sono simmetriche”. Domani mattina, alle 9.30, ci saranno le ultime repliche e poi sono attese le dichiarazioni spontanee di due imputati. Ma non di Silvana Saguto. Sembra che l’ex giudice aspetti la sentenza a casa. (AdnKronos)